Tra questa rama ramosa
ogni sorte, in sorte
si svela.
Di questi anni dolorosi
d’anime, scarti e precipizi
il solo ardiglione
mi resta
solo, in cerca di rovi
Tra questa rama ramosa
ogni sorte, in sorte
si svela.
Di questi anni dolorosi
d’anime, scarti e precipizi
il solo ardiglione
mi resta
solo, in cerca di rovi
Il mio cercare senza trovarti
è immutato
quanto il tuo esserci senza cercarmi.
Gli occhi mi bruciano e
non vedono meglio adesso
questa nostra sindone
abbandonata
tra queste due lenzuola.
Soffro della devozione dei cani,
incapsulata, minuziosa.
Il mio padrone è la’…
vive tra muri gialli e vetri fumè
E’ strano come rivive il dolore
sotto l’ombrello della luna
e come si rigenera nell’occhio, nell’ unico, nella canzone.
D’essere vittima o carnefice
poco m’importa
se ancora mi rigo di dolore.
Ora che il tempo ci abbaia contro
l’addio mi solleva più del previsto.
Ascolta come l’amore rumina sordo.
Quel “ridicolo” più non ci descrive.
Porta il tuo destino verso altri letti
altri lini.
Candide abbiamo le mani tu ed io
ma non ci salveremo dai nostri
stessi morsi.
La luna s’inzuppa di brina
mentre sorride
dal suo unico ricciolo.
Tutto la delude, tutto la scolora,
solo il raccogliere e il disperdere
la consola.
Che io possa scortare
il suo lento sparire
Che io possa scordare
in ogni sua barbara bellezza
Nacque a Myrina nel 536 circa, in una città etolica dell’Asia minore occidentale, studiò legge ad Alessandria d’Egitto, per poi tornare a Costantinopoli nel 554 per terminare la sua istruzione e praticare come avvocato (scholasticus) nei tribunali.
Malgrado ciò la letteratura era la sua ambizione.
Scrisse un gran numero di brevi poemi d’amore in metro epico, intitolati Daphniaca e alcune note a margine del Periegetes di Pausania.
Note a margine di “Un libro per Pensiero Dominante”
di Cinzia Baldazzi
Adì 14 giugno 1837 morì nella città di Napoli
questo mio diletto fratello divenuto uno dei primi
letterati d’Europa: fu tumulato nella chiesa di
San Vitale sulla via di Pozzuoli.
Addio caro Giacomo: quando ci rivedremo
in Paradiso?
Paolina Leopardi
Si
l’ho adorato come un granchio adora il mare.
Ma non è colpa mia,
lui era il corpo ed io la bestia
mi nutrivo della sua carne morta.